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Tredici: una serie Netflix che apre gli occhi – Recensione

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Tratta dal romanzo “Thirteen Reasons Why” dello scrittore statunitense Jay Asher, Tredici si candida di diritto al ruolo di miglior serie prodotta, fino a questo momento, da Netflix. Un’opera semplice nella trama, ma così complessa nelle emozioni regalate allo spettatore che vi farà sentire parte integrante di questa storia.

Nel 2011 gli Universal Studios acquistarono i diritti cinematografici del romanzo di Jay Asher con l’intenzione di realizzare un film che avrebbe visto Selena Gomez nel ruolo di uno dei personaggi principali, Hannah Baker. Nell’ottobre 2015, tuttavia, venne annunciato che il romanzo sarebbe stato adattato in una serie televisiva per Netflix e che Selena Gomez sarebbe stata la produttrice esecutiva. Mai scelta fu più azzeccata. I tredici episodi realizzati dalla casa di distribuzione statunitense si adattano perfettamente alla struttura del romanzo e, nonostante qualche leggera differenza, ne incarnano in pieno lo spirito. Nella recensione che segue non saranno presenti spoiler, in modo che possiate comprendere i motivi per i quali dovreste assolutamente fiondarvi su questa serie, senza comprometterne la visione (a questo link il trailer ufficiale).


Tredici ragioni per farla finita

La trama di Tredici è tanto semplice quanto d’effetto. Hannah Baker, una ragazza che frequenta il liceo, si suicida, ma prima di farlo lascia una piccola eredità, ovvero sette audiocassette. Su queste sono stati incisi da Hannah tredici messaggi audio (due per audiocassetta, tranne che per l’ultima), ognuno dedicato ad una persona diversa. Non si tratta, però, di messaggi d’addio, ma del racconto di tutte le azioni compiute da queste persone che hanno spinto la ragazza al suicidio. Inoltre, Hannah lascia delle semplici regole: la prima persona che ha ricevuto le cassette (ossia quella relativa alla traccia audio numero uno) dovrà ascoltare tutti i messaggi, riavvolgere i nastri e passare tutto alla persona numero due e così via. Nel caso in cui questa catena si interrompesse, un amico di Hannah in possesso di una seconda copia dei nastri avrà il compito di diffondere tutto alla polizia. 

Anche Clay Jensen, il protagonista della storia, riceve queste audiocassette, nonostante creda di essere stato un buon amico per Hannah durante la sua vita. In ogni puntata, quindi, Clay ascolterà un messaggio audio, cercando di far luce sulla verità riguardo la persona a cui è dedicato, ma con la costante paura della prossima cassetta da ascoltare, quella che potrebbe essere dedicata proprio a lui.

tredici


Empatia

Il più grande merito di questa serie, dal mio punto di vista, è la capacità di creare nello spettatore empatia con tutti i personaggi. Come nella realtà, in Tredici non esistono personaggi bianchi o neri, ma tutti hanno una loro storia da raccontare ed in cui potremmo ritrovare parte di noi stessi. Hannah Baker è un’adolescente normale che, a causa della sua bellezza e di qualche normale errore di gioventù, si trova ad essere additata ed offesa da tutta la scuola. Tutti, o quasi, nella nostra vita ci siamo sentiti, almeno una volta, accerchiati, presi di mira ed impotenti; Tredici riesce a farci ricordare costantemente la sofferenza di essere vittima incapace di rispondere agli altri. Allo stesso tempo, però, la serie ci ricorda di tutte le volte in cui siamo stati noi i bulli, facendoci immedesimare negli atteggiamenti dei compagni di scuola di Hannah; le loro offese sono le nostre, la loro indifferenza un pugno nel nostro stomaco. 

Ad un certo punto vi sembrerà quasi di aver contribuito al suicidio di Hannah Baker.

tredici


Netflix non sbaglia un colpo

Dal punto di vista tecnico la serie è ineccepibile. Nonostante essa si muova su due archi temporali differenti, non si ha mai la sensazione di smarrimento: quando assistiamo alla scene in cui Hannah era ancora in vita, i colori sono caldi e brillanti mentre, quando l’attenzione si sposta su Clay, si passa a toni grigi e più cupi. Anche la voce di Hannah, proveniente dalle audiocassette ascoltate dal protagonista, funge da guida all’interno della storia senza mai risultare fastidiosa. Lo svolgersi degli eventi è, quindi, costruito con attenzione, creando un climax ascendente verso l’ultima puntata; solo gli ultimi venti minuti di stagione risultano essere un po’ confusionari, ma questo è probabilmente dovuto alla scelta di lasciare un finale aperto in previsione di una possibile, per quanto non necessaria, seconda stagione. 

La regia è di ottimo livello, con scelte stilistiche davvero azzeccate specie nelle scene in cui i due archi temporali vanno a sovrapporsi a causa della fantasia di Clay. Il classico ballo studentesco, ad esempio, viene spogliato dei suoi stereotipi, diventando, anche grazie all’ottima colonna sonora scelta, un momento di reale romanticismo, ma allo stesso tempo, di dolore. Una menzione merita anche la scena in cui assistiamo al suicidio di Hannah: cruda, terribile e reale.

Ogni attore è riuscito a caratterizzare il proprio personaggio con modi di fare plausibili e adatti soprattutto a creare un legame con lo spettatore. Fra tutte le performance spicca quella di Katherine Langford nel ruolo di Hannah Baker: il suo viso e la sua voce riescono a trasmettere perfettamente ogni emozione provata dal suo personaggio ma, al contempo, il suo sguardo vuoto riesce a descrivere l’incapacità di una persona nel provare ancora sentimenti. Anche Dylan Minnette (già noto per aver interpretato il figlio di Jack nella sesta stagione di LOST) se la cava molto bene nell’interpretare il protagonista, un adolescente con evidenti problemi nel socializzare e che, nel corso delle puntate, compie un percorso di crescita nel tentativo di ricostruire la verità riguardante gli ultimi giorni della vita di Hannah.

tredici


Tredici è una serie dagli argomenti complessi: bullismo, violenza, indifferenza. Tutto è trattato con la giusta crudeltà, senza mai risultare banale, ma nemmeno troppo oppressivo. Non è certo un’opera da guardare davanti ad una pizza chiacchierando con gli amici, ma è assolutamente consigliata. Tredici, infatti, ha la capacità, ormai rara, di lasciare un messaggio, di farci riflettere sulle nostre azioni passate e future, il tutto raccontando una storia che sa prendere lo spettatore nonostante il finale si conosca fin dall’inizio.

 

PRO

CONTRO

  • Spunti di riflessioni su temi come bullismo o violenza
  • Forte empatia coi personaggi anche grazie alla buonissima recitazione
  • Ottima colonna sonora e regia
  • Ultimi venti minuti un po’ confusi

 

Tredici – Valutazione
Trama
Sceneggiatura
Colonna Sonora
Recitazione
Regia e Montaggio
9
9.5
8.5
9
9.5
 

GENERALE

 

 

9.0

 

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